Francesco Lobusto
Quante volte ci siamo interrogati sull’importanza del ruolo morale di un adulto verso i giovani? In un mondo tanto connesso quanto caotico, solo una rinnovata consapevolezza ci può salvare, esercitando il pensiero e guardando ad adeguati esempi morali.
Partiamo dalla scienza. I ricordi si registrano grazie alla crescita di nuove connessioni nervose. Ciò è alla base dell’apprendimento, ma è soprattutto fondamentale per immaginare e simulare il futuro. Ad esempio, prevedere il percorso di un’auto, per evitare di farsi investire; o compiere azioni quotidiane, come concentrarsi sulla lettura (il riconoscimento di rumori di sottofondo fa capire al cervello che non deve prevedere pericoli imminenti). Quindi, anche nella vita di tutti i giorni, per vivere il presente e prevedere il domani, serve ricordare le esperienze passate.
Posto ciò, diamo uno sguardo alla filosofia. Uno dei più grandi filosofi greci: Socrate,. al suo processo, affermò che una voce parlava dentro di lui, una voce che lo tratteneva dall’agire male, senza tuttavia indurlo a fare il bene. Schizofrenia? Niente affatto. Semplicemente, aveva capito che pensare significa anche oggettivare il proprio io in due parti, le quali dialogano tra loro. È un po’ come quando riflettiamo su un problema, parlando allo specchio, e arriviamo alla soluzione. È anche questa attività che definiamo pensiero. Ciò vuol dire che io sono partner-di-me-stesso, cioè io mi faccio compagnia quando penso, ovvero il soggetto è la sola realtà al mondo capace di oggettivarsi. Questo sottintende che c’è sempre “qualcuno” testimone delle azioni che compio: io, la mia memoria o la mia coscienza. Poiché nessuno vorrebbe condividere il proprio io con un malfattore, il ricordo dell’azione malvagia passata fungerebbe, tramite la coscienza, da deterrente al male. Tralasciando le possibili critiche all’impostazione di Socrate, la rivoluzionaria scoperta del dialogo interiore pose le basi per alcune concezioni filosofiche successive, sostenuta da due elementi, tra l’altro prettamente cristiani, quali il primato della coscienza e l’importanza dell’altro: l’io non è solo, ha altri attorno, persone che agiscono come lui, e di cui può ricordare le azioni (exempla).
Sociologia. L’estrema ratio della massima: “rispetto la libertà altrui finché non lede la mia” (che in realtà è di per sé legittimissima, se non estremizzata) ed altri fattori, tra cui la possibilità di parlare senza titolo (“I social hanno dato diritto di parola a legioni di imbecilli”, U. Eco), l’ignoranza e l’arroganza di potercela fare da soli, hanno portato al relativismo. La piaga del relativismo e i linguaggi e i comportamenti sdoganati dei personaggi più in vista, hanno portato all’incertezza politica e sociale, perché, nella confusione, è facile perdere la bussola. E allora si brancola. A questi problemi, si aggiunga la rassegnazione degli adulti verso una classe dirigente avida ed inadeguata, che ha portato ad un neo-qualunquismo, cioè al ricondurre tutti problemi alla politica e lamentarsi sempre. Per ultimo, ma non per importanza, il semplicismo, cioè la smania di spiegare tutto in maniera così semplice da perdere fattori importanti. E tutto ciò porta ad una forte incertezza morale.
Magari non siete d’accordo, ma questo articolo non è un trattato di scienze, né un’analisi filosofica o socio-politica: questo articolo è un appello. Io, da giovane, dico: non sempre viene insegnato ad esercitare quel fondamentale pensiero critico socratico, a chi ancora non ha preso sufficiente coscienza del mondo. Non sempre c’è un exemplum morale da poter memorizzare e su cui poter ragionare, nel nostro neonato io; e quando c’è non è sempre positivo. Questi bona exempla c’erano una volta? Non lo so, forse no, ma non importa: devono esserci ora, ne abbiamo bisogno, in vista di un futuro, sempre più incerto e vago.